Il monumento ai 67 Martiri del 30 Aprile 1945 a Grugliasco
Il film-documentario sui fatti del 30 Aprile e I° Maggio 1945
Ci sono voluti 13 anni, ma alla fine, seppure con una operazione di regime, i fatti del I° Maggio 1945 sono stati raccontati nella loro crudezza e la parola vendetta è stata pronunciata pubblicamente davanti ad autorità, familiari delle vittime della strage nazista, Anpi, ecc.
Era il 30 Aprile 1998, quando il Corriere-Rivoli 15, il settimanale di Collegno, Grugliasco e Rivoli diretto dal sottoscritto, pubblicò a tutta pagina l'articolo dal titolo "Dopo la strage ci fu una vendetta" che ebbe l'effetto di una deflagrazione sulle due città. Quel giorno molti dei presenti ieri alla proiezione del documentario nel negare pervicacemente che l'eccidio del I° Maggio fosse mai esistito mi diedero del fascista, del provocatore, del diffamatore e minacciarono di farmela pagare, cosa poi regolarmente avvenuta con la chiusura del Corriere appena due anni dopo. Ma quella è un'altra storia! Grande fu lo scandalo anche perchè gran parte dei collegnesi e grugliaschesi più giovani e tutti quelli che nelle due città si erano trasferiti negli anni della grande immigrazione effettivamente avevano sempre sentito raccontare dei tragici fatti del 29/30 aprile, avevano partecipato alle celebrazioni del 30 Aprile, ma ignoravano del tutto quanto accaduto il giorno dopo, e cioè il massacro di 29 militi della divisione fascista Littorio che nei giorni precedenti si erano arresi ai partigiani ed erano tenuti prigionieri nel capannone di una fabbrica, la Frendo, prigionieri di guerra che nulla avevano a che fare con la strage nazista. Come è stato ricordato ieri pomeriggio con la proiezione del documentario presso il teatro Perempruner di Grugliasco, quei 29 fascisti furono prelevati e trascinati tra due ali di folla inferocita alla ex GIL, dove oggi c'è l'Aurora in via Bendini, e furono passati per le armi con una atroce azione di vendetta e rappresaglia.
Ma veniamo al documentario proiettato ieri.
La copertina del DVD
Il documentario come si legge sulla sua copertina ha come titolo "La lunga scia di sangue, l'eccidio del 30 Aprile 1945 a Collegno", è nato da un'idea del grugliaschese Giuseppe Rizzo, patrocinato dai Comuni di Collegno e Grugliasco e realizzato grazie al contributo della Provincia di Torino e dalle cooperative edilizie Di Vittorio, San Giacomo e San Pancrazio. Il progetto è stato ideato e realizzato dall'associazione "Primissimo Piano" di Collegno con la consulenza e sceneggiatura dello storico Bruno Maida e con un contributo di Gianni Oliva. All'inizio ho parlato di una operazione di regime, a ben vedere già a partire dai finanziatori, ma vediamo perchè. Nell'introdurre la proiezione del video, ci è stato detto che il lavoro è stato lungo e faticoso e che è durato più di un anno, con lunghissime discussioni, con un taglia e cuci, con una partecipazione dell'Anpi, degli addetti stampa dei due comuni, con l'intervento diretto dei sindaci ... in sostanza un lavoro di cesello per trovare il modo più indolore possibile per dire la verità prima negata e taciuta per 53 anni e poi riseppellita sotto una pesante coltre di silenzio per altri 13 anni. Va ricordato che solo nel febbraio 2010 il sottoscritto ha presentato una mozione al Consiglio comunale di Collegno in cui si chiedeva tra l'altro di "affrontare la questione e trovare i modi e le azioni affinchè tutti i fatti vengano recuperati alla memoria collettiva", mozione che fu sonoramente bocciata dal sindaco Accossato e dal suo partito. E non più di un paio di mesi fa lo stesso sindaco in una riunione di capigruppo affermò che lei sindaco mai ne avrebbe parlato pubblicamente. Quindi si capisce quante resistenze il gruppo di lavoro ha dovuto superare per arrivare a balbettare tutta la verità. Se si analizza il documenario proiettato ieri, si nota subito che la strage del I° maggio è cancellata dal titolo. Il documentario dura circa 43 minuti, e lo spettatore per mezzora, mentre si raccontano i fatti del 29 e 30 aprile secondo la vecchia vulgata, non sa se si parlerà o meno del I° maggio, perchè nè dagli interventi dei due sindaci che appaiono all'inizio del documentario - per un documentario che si presenta con l'ambizione di ricostruire la Storia con la S maiuscola, aprirsi con la "pisciatina" dei due sindaci protempore non è certo il massimo - nè dal resto del racconto, tanto che finchè non appare lo storico Maida a informare di quanto accaduto il I° maggio, rimane il dubbio che l'operazione fosse di una pura e semplice narrazione dell'arcinota vicenda dei Martiri 30 Aprile. Significativo è poi il fatto che mentre a raccontare in video la strage nazifascita sono collegnesi e grugliaschesi, per tirare fuori il rospo, è stato necessario fare ricorso a due "stranieri", due tecnici: i due storici Maida e Oliva. Alla fine però è tutto chiaro, l'intenzione politica revisionistica che sta dentro l'idea stessa di realizzare il documentario è stata tutta finalizzata a raccontare finalmente la verità sul I° Maggio cercando di farsi meno male possibile. L'intento però deve essere sfuggito al sindaco Mazzù, perchè nel suo intervento a commento del video, ha affermato che quella è la verità, non quella di chi aveva voluto strumentalizzare la ricostruzione fatta da Bruno Maida nel libro "Prigionieri della memoria" pubblicato nell'anno 2000. Non si è capito bene a chi volesse riferirsi, bisognerebbe perciò che qualcuno facesse intendere al sindaco protempore di Grugliasco e alla sua collega di Collegno che la vera e unica strumentalizzazione che è stata fatta dal 1945 ad oggi è quella di chi ha nascosto e negato la verità. Infatti, se da una parte non può che essere valutato positivamente questo primo faticosissimo passo verzo la verità compiuto ieri con il documentario, il vero problema politico e morale continua ad essere quello del silenzio per 66 anni tenuto dalla politica, dagli amministratori, dall'Anpi. Ora che la verità è stata parzialmente affermata pubblicamente, occorre affrontare come uscire da quel silenzio e come rielaborare e recuperare alla memoria collettiva quei tragici giorni del '45 nella loro cruda interezza.
Giovanni Lava