lunedì, aprile 25, 2011

Una celebrazione con un lungo strascico di polemiche

Manifestazione in piazza del Municipio
Il lupo, l'agnello e il 25 Aprile
Anche quest'anno abbiamo assistito a Collegno ad una celebrazione partecipata del 25 Aprile, anche se inevitabilmente un po' sottotono, complice la Pasquetta. Il sindaco Silvana Accossato e il presidente dell'Anpi sen. Luciano Manzi hanno messo l'accento soprattutto sull'intensificazione degli attacchi alla Costituzione che si traduce inevitabilmente nella negazione di fatto dell'attualità dei valori della Resistenza e della Liberazione dal nazifascismo.
Per una volta il discorso del sindaco è stato condivisibile al 99 per cento. Ad impedire una condivisione al cento per cento non è stato nulla di ciò che ha detto, ma quel tanto che ha continuato a tacere. Neppure un accenno anche quest'anno a tutta la storia di Collegno e quindi al recupero della memoria dei fatti del 1° Maggio 1945. Una memoria negata per tanto tempo e che continua ad essere un tabù per il nostro sindaco. Un errore di valutazione incomprensibile. Di quanto affermato, invece, abbiamo condiviso in particolare il richiamo all'Europa e l'inquietudine per il succedersi degli attacchi alla Costituzione. L'attacco portato quotidianamente alla divisione ed equlibrio tra i poteri dello Stato, così come voluta dai padri costituenti, e alle istiutuzioni di garanzia, per non parlare della provocazione rappresentata dalle proposte di legge per modificare l'articolo 1 e abolire il divieto di ricostituzione del partito fascista, tanto per restare solo alle ultime in ordine di tempo, mettono inquietudine e suscitano preoccupazioni che condividiamo.
A livello nazionale abbiamo assistito ad un 25 Aprile di polemiche e contestazioni. La festa della Liberazione viene difesa con i denti da una parte quanto contestata da chi non vi si vuole riconoscere. Una festa che da sempre è fonte di polemiche. Non è mai riuscita a diventare la festa di tutti gli italiani. L'accusa più ricorrente nei confronti del 25 Aprile è quella di essere, ed essere stata, sempre una festa di parte. Il fatto che il 25 Aprile per decenni sia stato usato come una clava contro i nemici politici della sinistra, in particolare dai comunisti, è una verità difficile da negare. Farne una festa contro ha impedito di fatto che divenisse una festa di tutti, fondante la Repubblica, capace di far sì che ogni italiano vi si riconoscesse. Quanto sia frutto di un errore involontario o di una volontà precisa è difficile a dirsi. Questa accusa l'abbiamo ascoltata anche in questi giorni da parte di chi lamentava l'esproprio da parte dei comunisti della Resistenza, che invece aveva visto, come dimostra il CLN, la partecipazione di tutte le forze antifasciste (comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, liberali , monarchici...). Credo che sia ora però di capovolgere l'assunto e chiedersi se è proprio vero che la celebrazione della Liberazione sia stata espropriata dai comunisti per esclusiva responsabilità loro. Chi ha impedito per decenni nel dopoguerra ad una Democrazia Cristiana che governava a piene mani il Paese a consentire che la celebrazione del 25 Aprile fosse appannaggio di tutti? Non ce li vedo quelli che detenevano tutte le leve del potere nei panni della vittima. Oggi per esempio è l'assoluto disprezzo di Berlusconi verso la riccorrenza, come verso i valori della Liberazione, a fare del 25 Aprile una festa in cui si esprimono per lo più sentimenti a lui contrari. Per fare propria una festa e non lasciarla nelle mani degli avversari basta parteciparvi, farla propria appunto. Per motivi diversi, sicuramente, sia la Dc degli anni Cinquanta come il berlusconismo di oggi mostrano insofferenza verso una festa che ha il difetto di veicolare idee, valori e principi che mal si conciliavano e mal si conciliano con i loro interessi di bottega del momento. Alla Dc interessava sopire le idee rivoluzionarie coltivate dalla Resistenza, ma soprattutto parlare alla pancia di quel blocco sociale che era stato la base del consenso fascista. Al berlusconismo i valori della Resistenza stanno stretti, perchè la sua principale eredità - la Costituzione Repubblicana - si frappone alla volontà di potere senza controlli, quindi tanto vale lasciare ai "comunisti" di oggi la difesa di quei valori e della Costituzione, tranne poi accusarli subito dopo di essersene appropriati e di usarli contro gli avversari politici. L'eterna fiaba del lupo e dell'agnello che si ripete.
Giovanni Lava