venerdì, aprile 30, 2010

I prigionieri della memoria di Collegno

Il sindaco di Collegno il 25 Aprile
La strage del 1° Maggio 1945 resta un ricordo scomodo

Collegno, 30 Aprile 2010
Per il sindaco e la sua maggioranza di quei  29 militari fascisti assassinati a Collegno per rappresaglia il 1° Maggio del 1945 bisogna continuare a tacere ...
... I 65 anni trascorsi non sono ancora sufficienti a poter ricordare pubblicamente i fatti nella loro verità storica. La storia per loro si interrompe al 30 Aprile, il giorno dell'efferatezza nazista che costò alle città di Collegno e Grugliasco 67 vittime innocenti. Quello che accadde il giorno dopo resta un tabù su cui vegliano le vestali incartapecorite di una storia a senso unico, in cui libertà non fa rima con verità.
Il sottoscritto a nome di CIVICA aveva presentato il 16 febbraio scorso una mozione (che si può leggere qui a lato) che aveva l'obiettivo di non lasciare trascorrere l'ennesimo anniversario dei fatti che seguirono alla Liberazione senza che nè un gesto o una parola ricordassero tutta la tragedia che si consumò a Collegno in quei giorni terribili. L'aver proposto una commissione consiliare che elaborasse una proposta condivisa era l'occasione offerta su di un piatto d'argento alla maggioranza per liberarsi una volta per sempre dai fantasmi de passato, perchè lasciava praticamente nelle mani del Partito democratico la decisione del come, del quando e del dove compiere un gesto atteso da 12 anni, cioè da quando la verità dei fatti fu resa pubblica dall'inchiesta giornalistica del Corriere di Collegno, Grugliasco e Rivoli da me diretto, o dai 10 anni trascorsi dalla pubblicazione del libro di Bruno Maida, emblematicamente intitolato "Prigionieri della memoria". L'aver respinto ottusamente la proposta, mentre cantavano le lodi del libro di Maida, li ha resi ancor più politicamente degli incapaci, visto che hanno perso un'occasione d'oro e allo stesso tempo bellamente disatteso il messaggio contenuto nel libro. Maida infatti scrive: "L'inclusione dei vinti non modifica le gerarchie di valori, non impone pacificazioni, non risponde ad esigenze politiche contingenti, ma allarga senza dubbio la possibilità di percezione e di comprensione degli eventi da parte sia dello storico sia della comunità nel suo complesso. Insomma, obbliga la comunità a fare e rifare continuamente i conti con se stessa, il proprio passato e la propria memoria". Più chiaro di così. Ma non abbastanza per gli ottusi consiglieri di maggioranza che in modo strumentale hanno continuato a riproporre l'equazione: il ricordo della strage del 1° Maggio offende la memoria dei morti del 30 Aprile. Un'equazione che oltre ad essere macabra offende davvero, ma non tanto la memoria quanto l'intelligenza. E che dire poi del sindaco Accossato che afferma che mai e poi mai farà un gesto, dirà una parola in pubblico in ricordo dei 29 morti per rappresaglia il 1° Maggio? Da come si rapporta alla questione fa apparire il suo predecessore D'Ottavio un gigante di lungimiranza politica, visto che promosse insieme a Turigliatto la ricerca storica di Maida e non si sottrasse a ragionare in pubblico di quei fatti. C'è da chiedersi se oggi con questo sindaco quella ricerca storica sarebbe ancora possibile. Umberto D'Ottavio allora apparve sinceramente sorpreso e scosso da quanto stava emergendo dal fondo di omertà che aveva oscurato la verità, un'omertà che invece a Silvana Accossato non reca neppure un fremito di sconcerto se non di indignazione. E che dire di chi ha trovato disdicevole ricordare i morti del 1° maggio in consiglio comunale alla vigilia della strage del 30 Aprile come se i due fatti non fossero tristemente legati per l'eternità? La famosa memoria monca e mummificata di cui parla Maida. E che dire poi di quei parenti delle vittime del 30 Aprile che dopo 65 anni restano prigionieri di una memoria divisa che non riesce a vedere che le vittime dei nazisti e quelle del giorno dopo sono parti indissolubili di un'unica tragedia? Proprio da loro, da chi vive ancora così intensamente il dolore del ricordo, ci si aspetterebbe una sensibilità diversa, un gesto che aiutasse la ricomposizione della memoria dei collegnesi.
Un fallimento, dunque, la presentazione della mozione? Assolutamente no, almeno per due buoni motivi. Il primo è che in consiglio comunale ieri sera per più di due ore il ricordo dei fatti del 1° maggio è stato oggetto del dibattito, quindi di fatto quest'anno Collegno contrariamente al passato ha ricordato quei morti degnamente e diffusamente nel luogo istituzionale più importante della città. Il secondo motivo è che la mozione ha costretto l'amministrazione a tirar fuori dall'armadio dove era sepolto da dieci anni il libro di Bruno Maida e distribuirlo ai consiglieri comunali, molti dei quali di quei fatti continuano ad ignorare tutto o quasi, a cominciare dal capogruppo del Pd che mentre affermava che grazie al libro i fatti sono ormai noti a tutti si è lasciato scappare che solo in questi giorni ha avuto modo di leggerlo. Gli eredi del vecchio Pci, dunque, hanno fatto un bel passo avanti: dalla negazione, 12 anni fa, pura e semplice dei fatti resi noti dal sottoscritto, oggi dopo la ricerca di Bruno Maida sono costretti a riconoserne la veridicità, ma si rifiutano di trarne le dovute conseguenze dal punto di vista politico, per cui il loro atteggiamento sostanziale non è cambiato rispetto al passato. Ma non bisogna disperare, si sa che la loro specialità è quella di riconoscere gli errori solo a distanza di alcuni decenni.
Giovanni Lava