La proposta di variante urbanistica pubblicata nel post di ieri rappresenta se possibile un punto di vista, una filosofia e degli interessi che sono diametralmente opposti a quelli della proposta di CIVICA pubblicata il 3 ottobre scorso. L'unica cosa che ci vede concordi è quella di procedere alla stesura di una variante strutturale per tutto l'ambito.
Anche noi siamo per un ritorno al tavolo di lavoro che veda partecipi tutti i soggetti portatori di interessi. Ma a quel tavolo i primi a dover essere rappresentati vogliamo che siano gli interessi della maggioranza dei cittadini collegnesi, anche di quelli che magari nell'area non ci abitano, non vi lavorano, e soprattutto che non sono proprietari nè di terreni nè di fabbriche in attività nè di quelle dismesse. Sono gli interessi generali della città e dei cittadini che devono sedere a quel tavolo in posizione privilegiata. Non i grandi assenti come è stato finora.
Per il resto ci pare che la proposta sia figlia come e più di quella del sindaco di una filosofia di gestione del territorio in voga nell'ultimo quarto del secolo scorso. Una filosofia responsabile in buona misura dei disastri che ben conosciamo sia dal punto di vista ambientale che urbanistico. Gli indici di edificabilità indicati, peraltro sganciati da qualsiasi tentativo di analisi dei bisogni della città nel suo complesso e di quell'area in particolare, devono essere frutto di un refuso: si parla di un indici medi tra lo 0,7 e lo 0,9 e un indice massimo addirittura aperto! Aperto a che? L'elenco degli indici premiali proposti la dice lunga. Demolisci e ti premio, bonifichi il terreno dalle porcherie che ci hai versato e ti premio, costruisci in funzione del risparmio energetico (già imposto dalle norme comunali) e ti premio, realizzi la bischerata dell'edilizia convenzionata e ti premio, ti ricollochi nella famigerata APEA e ti premio ... Te ne vai da un'altra parte o chiudi semplicemente bottega e ti premio. Hai una bella faccia tosta e ti premio, ce l'hai brutta e ti premio lo stesso. Va bene essere portatori di interessi, ma qui forse si è proprio esagerato un po', perdendo il senso della misura. Gli interessi di questi signori firmatari sono considerati come una sorta di variabile indipendente dai problemi della città e dei suoi cittadini.
Nella proposta dei 46 non poteva mancare - infatti c'è - la battuta sul porre un limite al consumo di territorio! Peccato che qui, a correre dietro ai loro appetiti, di territorio libero non ne resterebbe neppure un pollice.
Sempre per limitare il consumo di territorio, poi, si dà per scontato che un'APEA per nuovi insediamenti produttivi debba sorgere su quei pochi terreni agricoli che ancora restano lungo la Statale 24, come si dà per scontata l'acquisizione del Campo Volo in cambio di un'altra colata di cemento.
Anche questi come il sindaco ricorrono allo spauracchio della microcriminalità come strumento di pressione sull'opinione pubblica per indurre a fare presto, non importa perchè e per come. L'importante è radere al suolo e costruire, costruire, costruire ...Che cosa non importa, anzi importa e come: case, case, case, ...
Sia chiaro: le richieste sono legittime dal loro punto di vista e con questi signori bisogna necessariamente fare i conti in quanto soggetti direttamente coinvolti da qualsiasi tipo di trasformazione. Ma la domanda che ci sentiamo con tutta serenità di porre loro è: pensate davvero che sia ancora tempo per porsi nei confronti del territorio di una città come si trattasse di una diligenza da assaltare? Possibile che l'imprenditorialità che rappresentano i firmatari del documento si riduca solo al desiderio di una banale speculazione edilizia da realizzare sui terreni dove oggi sono le loro aziende? Tutto qui e tutti d'accordo? Neppure uno che prenda in considerazione di investire, innovare in un'area nata come produttiva e non residenziale? Un'area che per dislocazione e servizi è ideale per accogliere produzioni tecnologicamente avanzate e servizi di qualità?
Giovanni Lava