martedì, giugno 14, 2011

Le amicizie pericolose di Boeti e Lucà

 Nino Boeti sopra e Mimmo Lucà sotto
Io non vedo, tu non senti
Conosco Nino Boeti e Mimmo Lucà da almeno 20 anni, dal tempo di Rivoli15 e Corriere, i settimanali della Zona Ovest degli anni Novanta. La moglie di Nino Boeti è stata collaboratrice del giornale che allora dirigevo, per cui in quel periodo vi è stata una certa frequentazione con entrambi.
Di Lucà ricordo invece l'assiduità con la quale cercava di ottenere uno spazio sul giornale per pubblicizzare il suo impegno politico nella zona. Un vero e proprio assedio a cui cercavamo vanamente di sfuggire. Dico tutto questo, perchè neppure per un momento ho preso in considerazione l'ipotesi che fossero consapevoli del ruolo malavitoso di Salvatore De Masi, boss della 'ndrangheta a Rivoli e dintorni, come è emerso dall'operazione Minotauro. Tra l'altro pare avesse fino a qualche tempo fa un ufficio anche in piazza della Repubblica a Collegno.
Detto ciò, sono rimasto sconcertato come molti dalle dichiarazioni dei nostri due politici. Due sono gli aspetti che mi hanno colpito. Boeti ha dichiarato di essere pronto a mettere a disposizione del partito il proprio incarico di consigliere regionale, cioè a dimettersi se il partito glielo chiedesse.  Io penso, invece, che caso mai sentisse il bisogno di dimettersi, lo dovrebbe fare per rispetto dei cittadini che lo hanno eletto, dei cittadini che rappresenta, non del partito. Cosa c'entra il partito? E' il partito a possedere la chiave della sua coscienza e della sua onestà? Credevamo che i tempi del partito padrone delle vite dei propri iscritti fossero terminati con la fine del Pci, evidentemente ci siamo sbagliati.
Il secondo aspetto invece mi preoccupa molto di più. Sono anni che ci mettono in guardia dalle infiltrazioni delle mafie al Nord, ma se è così facile che un deputato e un sindaco accorti possano essere avvicinati, frequentati da boss mafiosi (di De Masi mi si dice che fosse chiacchierato da sempre) senza che ne avessero alcuna percezione, significa che allora non c'è possibilità di difesa alcuna, checchè ne dica il dottor Caselli. I partiti, invece di avere la solita reazione stizzita quando tocca a loro, dovrebbero dirci come si fa a tenere lontano i mafiosi dalla politica. Quali strategie mettono in campo. Oppure ci certifichino, magari con una legge ad personam, che dai mafiosi non ci si può difendere, almeno fino al giorno in cui scattano le manette e conquistano sul campo l'etichetta ufficiale di mafiosi. In conclusione Lucà e Boeti certamente non potevano sapere. Ma non avendo capito di che pasta fosse il loro amico, forse dovrebbero proprio per questo ritirarsi dalla scena politica. Ma non lo faranno.
Giovanni Lava