mercoledì, dicembre 15, 2010

Variante di Via De Amicis: prima puntata

Scavi alla ex Elbi di Via De Amicis
Il Pubblico ancella del Privato
“Il rischio di lasciare in mano al privato scelte strategiche per la città è inesistente”. Si conclude così il resoconto dell’incontro del Tavolo di Consultazione per la Variante Di Via De Amicis del 10 Giugno 2010, ultimo documento pubblicato in materia dall’amministrazione collegnese sul sito del Comune che riassume un po’ il percorso seguito fin qui.
L’affermazione è un mettere le mani avanti che la dice lunga. I latini direbbero che ci troviamo davanti ad una “Excusatio non petita, accusatio manifesta” (scusa non richiesta, accusa manifesta).
Nel documento si parla già chiaramente della volontà di affidare ai privati la progettazione della variante attraverso lo strumento del PRIN, Programmi integrati ex L. R. 18/’96. Il PRIN avrebbe il vantaggio che le scelte - condivise dal privato, visto che la variante la scrive il privato stesso - avrebbero maggiori garanzie di attuazione. E tutto avverrebbe nel massimo della trasparenza dell’azione amministrativa e della chiarezza dei ruoli: “il privato progetta in modo concertato con il comune che successivamente esamina, valuta e adotta”.
Come si può leggere nello stesso documento i PRIN vengono adottati negli interventi di completamento nelle aree marginali degli abitati al fine di recuperare identità urbane e negli interventi di ristrutturazione urbanistica ove insistano aree produttive e terziarie obsolete o irrazionalmente dislocate o dismesse. Parrebbe proprio che sul piano teorico un PRIN per l’area di Via De Amicis non faccia una grinza, se non fosse che la maggioranza che governa Collegno negli anni abbia sempre parlato di questa come la madre di tutte le varianti, che cambierà il volto alla città di Collegno. Una variante non marginale, ma strategica per il futuro della città. Si tratta di un film già visto a Collegno: il linguaggio e le promesse sono le stesse della variante che si approvò per la cosiddetta Area Centrale, la variante che avrebbe risolto tutti i problemi creando quel Centro che non c’era. Peccato, che al di là dell’ennesima colata di cemento per costruire residenze - dall’estetica tra l’altro molto discutibile - dei problemi urbanistici della città che si era promesso di risolvere non ne abbia risolto neppure uno! Allora la progettazione fu fatta dalla mano pubblica, ma il costo era a carico dei privati. Insomma un po’ la storia che si ripete.
Lo schemino a cui l’amministrazione intende attenersi è: i paletti sono stati già definiti dal Comune (i famosi indirizzi del 2005, aggiornati nel 2009), i privati progettano a loro spese, il Comune valuta, approvando o disapprovando, la variante vede la luce in tempi più rapidi e con la certezza che quanto progettato verrà realizzato in tempi stretti. Tutto chiaro, semplice, perfetto. Può anche essere che questa sia oggettivamente l’unica strada percorribile, ma solo perché il Pubblico non è in grado (o non vuole esserlo?) di realizzare una variante di quella dimensione. Così si appresta a “cedere” ai privati la sua prerogativa, e quindi a diventare “vassallo” di quello stesso Privato che in buona parte con il ricorso al Tar contro la Variante 13 - variante che abbassa di un piano le costruzioni e tenta di salvare almeno una parte del tessuto urbano storico di Collegno – di fatto ha sfiduciato la Pubblica Amministrazione accusandola di violazione degli articoli 17 e 15 della Legge regionale 56/77, per eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà manifeste e diverso trattamento. Certo se la Variante di Via De Amicis dovesse essere redatta dal Privato, tutte la accuse, i ricorsi al Tar e le grane che ne potrebbero derivare sarebbero evitati!
Che capacità di controllo può avere il Comune che l’interesse pubblico non sia subalterno all’interesse privato, se si mette nelle mani del Privato per rinuncia e abdicazione al proprio ruolo di garanzia? Che le cose stiano così lo si evince da quanto emerge dalle segrete stanze e di cui daremo conto nei prossimi giorni con la seconda puntata. Qui non si tratta di demonizzare il privato, perché è evidente che l’interesse pubblico passa attraverso il tener conto dei tanti interessi privati e che varianti del genere non possono nascere nel vuoto o nel chiuso degli uffici comunali. La consultazione dei privati è indispensabile, ma il pallino deve restare in mano pubblica come garanzia per tutti, per i cittadini e per gli stessi privati, escludendo per principio e di fatto che il Comune possa essere ridotto ad ancella dei privati.
Giovanni Lava