Questa casetta andrà giù se passa il ricorso al Tar
Variante 13: il giorno del giudizioOggi è il giorno in cui il TAR prende in esame il ricorso contro la Variante 13 al Piano Regolatore, la variante, approvata definitivamente il 15 luglio scorso, che ha modificato le norme negli ambiti case basse e case e lavoro ed ha abbassato di un piano le costruzioni che superano i tre piani.
Il ricorso al Tar intanto è uno e trino, infatti sono tre i ricorsi, anche se a redigerli è stato sempre lo studio Ludogoroff e l'argomentazione è la stessa pari pari anche nelle virgole. A differenziarsi sono i ricorrenti: due fanno capo a società private che avevano già presentato istanza per il rilascio del permesso di demolire e ricostruire, il terzo raccoglie ben 35 soggetti, di cui sette sono dei proprietari di edifici, gli altri 28 sono geometri, ingegneri e architetti, professionisti che operano nel Comune di Collegno. Tutti i ricorrenti ritengono di essere stati danneggiati dalle nuove norme introdotte dalla Variante 13. I ricorrenti ritengono illegittimo lo strumento della variante parziale, perchè per le variazione apportate sarebbe stata necessaria una variante strutturale. La variante, infatti, a loro avviso, introduce in ambito diffuso una nuova disciplina profondamente innovativa determinando un dato quantitativo particolarmente significativo. Nè è meno rilevante sul piano qualitativo, visto che le nuove regole non consentono il completo sfruttamento della capacità edilizia determinata dallo piano regolatore. I ricorrenti contestano la nuova disciplina anche sul piano della coerenza con gli stessi indirizzi urbanistici approvati a conclusione del precedente mandato amministrativo. Sostengono che la disciplina introdotta contrasta con la finalità dichiarata di tutelare il tessuto tradizionale della città, tessuto tra l'altro già ampiamente modificato, con il solo risultato di penalizzare la capacità edificatoria di alcuni lotti. In sostanza i ricorrenti adombrano che l'azione amministrativa sia stata preordinata al perseguimento di interessi diversi rispetto a quelli formalmente asseriti. Accuse pesanti e non condivisibili per niente, soprattutto quando sostengono che essendo il tessuto urbano che si vuole salvaguardare già ampiamente compromesso, non ha senso difendere il poco che resta. Fosse anche una sola casetta con giardino ad essere salvata, ne sarebbe valsa la pena.
I ricorsi sono tre, perchè due dei ricorrenti si trovano in una condizione particolare. La società Realedil s.r.l., proprietaria di un terreno in via Isonzo 9, il 4 giugno 2009 presentò istanza di rilascio di permesso di demolire il fabbricato esistente e quella per il rilascio del permesso di costruire. Il 30 dicembre 2009 ha ricevuto comunicazione di parere favorevole da parte della Commissione edilizia comunale, alla condizione che si presentasse una relazione geologico-tecnica. Nel febbraio 2010 la società ha depositato la relazione e il 25 dello stesso mese gli è stato comunicato il contributo di costruzione da versare per il rilascio del permesso. Il 18 marzo 2010 la variante approvata dal consiglio comunale ha bloccato tutto.
La società Cantore s.r.l., proprietaria del terreno in via General Cantore 7 e 9, invece, aveva presentato la domanda per costruire il 18 novembre 2008. Il procedimento amministrativo al momento dell'approvazione della variante era ancora in corso, quindi tutto è andato a monte.
Che dire, le argomentazioni dei ricorrenti agli occhi di un profano come il sottoscritto appaiono nel loro complesso tutt'altro che peregrine. Se il Tar dovesse dar loro ragione, tutta la battaglia che noi abbiamo condotto per salvare il tessuto urbano tradizionale di Collegno sarebbe stata inutile, ma renderebbe ancora più palese come le norme adottate con la variante siano state tardive, parziali e forse inutili. Come ebbi a dichiarare in consiglio comunale al momento della discussione della delibera, la variante rappresentava il classico topolino partorito dalla montagna. Il problema principale era e rimane quello della eccessiva capacità edificatoria consentita dal piano regolatore in certe zone. Se non si riduce quella, ogni variazione rappresenta poco più che un palliativo, per di più dando vita a nuove contraddizioni come con la variante 14 che per consentire il massimo di sfruttamento della capacità edificatoria di alcuni lotti riduce le fasce di rispetto in dispregio di qualunque dichiarata volontà di difendere quel poco di ambiente che ci è rimasto. La variante 14 va nella direzione opposta a quella della variante 13. Figli e figliastri.
La cosa strana, ma non troppo, è che comunque di questo ricorso nessuno parla. Non ne parla l'amministrazione, non ne parlano i partiti di maggioranza, non ne parlano gli altri partiti di opposizione, soprattutto non ci risulta che ne abbiano parlato i giornali. Possibile che solo il sottoscritto e CIVICA siano interessati all'argomento? Boh!