In cinque anni una sala così piena in consiglio comunale non si era mai vista. Presenti tutti gli operai licenziati dalla Agrati (ex Fivit Colombotto) , numerosi anche i cittadini solidali con loro. In tutti gli interventi è stata sottolineata l'anomalia di questa chiusura della fabbrica. Una fabbrica che dal 2009 non è mai ricorsa alla cassa integrazione. Una fabbrica chiusa due giorni dopo che era stato firmato l'accordo sul premio di risultato per 1900 euro, ottenuto perché lo stabilimento di via De Amicis aveva raggiunto il 100 per cento degli obiettivi di produttività e di qualità. Dunque una chiusura che all'apparenza non ha alcuna giustificazione se non oscuri motivi di politica aziendale che la proprietà non ha chiarito finora. Una proprietà, una multinazionale italiana, che per giorni si è resa irreperibile per sindacati ed istituzioni. Il sindaco ha cercato inutilmente di mettersi in contatto.
Bisogna sapere che la Agrati Group che è leader mondiale nella produzione di viti e bulloni possiede altri 6 stabilimenti in Italia oltre a quello di Collegno, 4 in Francia, 4 in Germania, 1 nella Repubblica Ceca, 1 in Nord America e ben 5 in Cina. Ma dal giorno dopo il preavviso di licenziamento a Collegno si è resa irreperibile abbandonando letteralmente la fabbrica che oggi viene tenuta aperta dagli 82 operai in lotta, i quali si preoccupano anche di sorvegliarla giorno e notte. Dai sindacalisti un impegno: "Non lasceremo portare via i macchinari, glielo impediremo anche a costo di infrangere la legge".
Tra le ipotesi avanzate dai sindacalisti sui motivi che hanno indotto la Agrati a chiudere i battenti a Collegno e solo qui vi sarebbe la scelta di andare a puntellare la produzione in Francia dove i risultati sarebbero inferiori alle aspettative. Il sindaco ci ha tenuto a precisare che le ipotesi che dietro i licenziamenti ci possa essere la volontà di valorizzare l'area dopo quanto accaduto per la Mandelli sono solo illazioni senza fondamento. Lì non potranno mai dismettere l'area produttiva in cambio di una residenziale. Il sindaco probabilmente ha ragione che non possono essere quelli i motivi della chiusura. Le motivazioni che ha addotto, invece, sono apparse poco convincenti. Una volta che i capannoni lasciati in disuso fossero sufficientemente degradati, magari ospitando gli abusivi che stanno per essere sloggiati dalla Mandelli, chi potrebbe impedire alla proprietà dell'area di avvalersi della 106? In ogni caso la maggioranza politica del sindaco da molti anni ha adottato scelte urbanistiche tali per cui l'area industriale di via De Amicis un pezzo alla volta sarà volenti o nolenti.
Il consiglio comunale partecipato alla serata di solidarietà con una sua mozione.
Fino all'arrivo dell'assessore regionale Porchietto la serata pareva destinata a non grandi risultati a sentire la sfilata di sindacalisti e politici, tutti dello stesso partito e tutti con la loro testimonianza monocorde dalle prospettive non molto incoraggianti a dire il vero. Una Porchietto, invece, decisa ed operativa ha comunicato che lei un canale è riuscita a stabilirlo e che tra una settimana incontrerà la proprietà.
Un po' tutti più rinfrancati dalle parole dell'assessore regionale, al termine del consiglio comunale con una fiaccolata ci si è recati in corteo fino allo stabilimento di via De Amicis dove la manifestazione si è conclusa.
Giovanni Lava