Palazzo di via Antonelli
Il privato sbaglia e il pubblico gli paga il contoCon i suoi 14 piani l'edificio più alto di Collegno incombe da anni immobile e misterioso sulla città, ma ora la proprietà vuole riportarlo a nuova vita. E per farlo chiede la riconversione dei suoi locali da uffici a residenza privata.
La storia dell'edificio inizia nel lontano 1993 con un Piano Esecutivo Convenzionato (PEC) di durata decennale, invece la concessione edilizia e l'inizio dei lavori risalgono al 2002. Una volta terminata la struttura in cemento armato i lavori si bloccarono e non sono stati più ripresi. A quanto si racconta il motivo del blocco andrebbe cercato in un errore di progettazione. L'altezza di ogni piano sarebbe inferiore a quella necessaria a dei locali destinati ad uffici. In sostanza non ci starebbe nè la piattaforma galleggiante per far passare i cavi di telefoni e computer, nè i controsoffitti per le condotte dell'aria condizionata. Un metro di altezza meno del necessario. Risultato? L'edificio non era adatto ad ospitare uffici secondo la destinazione data all'area dal piano regolatore. Alla proprietà restavano solo due soluzioni: abbatterlo o trovargli una nuova destinazione.
Da allora sono iniziate a rincorrersi ipotesi con le proposte più fantasiose. Una di queste - la più infelice - ipotizzava di utilizzare l'edificio come nuovo palazzo comunale, scambiandolo con la sede attuale che sarebbe stata abbattuta per far posto ad un edificio residenziale. Come fosse possibile utilizzare un edificio inadatto ad ospitare uffici per ospitare quelli comunali non è dato sapere, eppure la proposta è restata in circolazione almeno fino a quando CIVICA la rese pubblica su Punto di Vista con un articolo in cui si denunciarono gli apprendisti stregoni capaci di "comprimere" gli uffici comunali. Resta ancora da chiarire se la proposta fu farina del privato come sostengongono alcuni, oppure del pubblico come dicono altri.
Una cosa è certa, per anni il confronto e le promesse di soluzioni si sono sprecate da una parte e dall'altra. Ad un certo punto è circolata anche la voce di uno scambio: il pubblico avrebbe "sanato" la situazione in cambio di alcuni piani dell'edificio da destinare alla polizia municipale, che resta sempre in attesa di traslocare da Villa Rosa di proprietà dell'Asl. La proposta pare sia stata respinta dalla proprietà perchè ritenuta troppo onerosa. Nel frattempo la proprietà ha anche respinto l'offerta arrivata dalla Sistemi Spa che avrebbe acquistato il palazzo per abbatterlo per far posto all'edificio necessario allo sviluppo dell'azienda, edificio che verrà poi costruito qualche via più in là.
Così arriviamo alla proposta attuale. La proprietà, la società Metropolis srl, ha presentato nel maggio di quest'anno la richiesta del permesso di costruire in deroga al piano regolatore cambiando la destinazione d'uso da terziario a residenziale di dieci dei 14 piani per farne 87 alloggi, appellandosi all'articolo 5 della legge 106 del 2012 che consentirebbe la "razionalizzazione dell'edificio esistente". Ovviamente nella richiesta nulla si dice circa la progettazione, ma la mancata realizzazione dei 10 mila e passa metri quadrati di superficie terziaria viene giustificata con l'attuale crisi economica. Cosa c'entri la crisi attuale con un edificio che si doveva realizzare 20 anni fa e si è iniziato a costruire dieci anni dopo non è dato sapere. Si dice poi che la presenza del capolinea del metrò favorisce la vendita degli appartamenti. In base a questa logica tutto l'ambito di via De Amicis lo destiniamo ad alloggi? Infatti una delle conseguenze negative di un accoglimento della richiesta di Metropolis sarebbe proprio quella di creare un precedente pericoloso che tutti gli altri proprietari di aree o edifici nella zona vorrebero imitare. Chi potrebbe poi dir loro di no, dopo aver detto sì a Metropolis?
Ciò che rende particolarmente interessante tutta la vicenda è la chiamata in causa del consiglio comunale. Da una parte i tecnici e gli avvocati comunali sostengono che la legge consente di accogliere la richiesta, dall'altra dicono che per farlo il consiglio comunale deve approvare non una, bensì tre deroghe al piano regolatore: 1) la nuova destinazione d'uso residenziale-terziario; 2) l'altezza e il numero dei piani (mt 39,78 contro i mt 25 e 14 piani contro gli 8 previsti); 3) la densità edilizia: la superficie lorda di pavimento pari a 1,6 mq su mq contro il massimo di 1,2 mq su mq previsto dal piano regolatore.
Soprattutto il parere degli avvocati incaricati dall'amministrazione da una parte pare non lascino dubbi circa i molteplici motivi che dovrebbero portare a concedere la deroga, dall'altra che questa si giustifica solo con la mancanza di motivi di interessi pubblico contrari. Dunque il punto è: accogliere la richiesta di Metropolis contrasta o meno con l'interesse pubblico generale rappresentato dal consiglio comunale? A quanto pare la commissione urbanistica di martedì 6 novembre più che sciogliere i dubbi, li ha accresciuti con valutazioni che vanno proprio nella direzione opposta. L'interesse pubblico nel derogare dalle norme del piano regolatore appare tutt'altro che chiaro. Infatti i motivi per rifiutare la delega appaiono più numerosi di quelli a favore. Sia la proprietà che l'amministrazione a questo punto se vogliono avere qualche chance di portare a casa un risultato positivo devono quantomeno mettere sul piatto vantaggi concreti e tangibili per la città. Non può bastare solo quello molto generico di voler sanare un'opera rimasta incompiuta. Il proverbio dice che chi sbaglia paga, non dice che il privato sbaglia e il pubblico paga al suo posto come sembra si voglia fare nel nostro caso.
Giovanni Lava