Ad ogni attesa in linea con il Comune, parte l'Inno d'Italia.
L'effetto è dirompente. Il primo impulso è quello di mettere subito giù la cornetta del telefono. Se si compone il numero del Comune di Collegno, dopo il consueto tu-tuu, appena il centralinista, a cui hai chiesto di passarti l'ufficio X, pronuncia la fatidica frase: "Attenda in linea", parte di colpo e a tutto volume l'attacco musicale dell'Inno di Mameli e resti senza fiato, trattenendo a fatica l'impulso di scattare in piedi sull'attenti.. Se l'attesa si dilunga, l'inno va avanti con tutte le sue note eroiche fino alla prima voce umana che si degna di rispondere. Se, come spesso capita, dopo una prima risposta ti rimettono in attesa o passano la telefonata ad un altro ufficio, ad ogni interruzione della comunicazione si riparte da capo. Se sei fortunato te la cavi con una sola attesa, rimani rintronato, ma sopravvivi. Se sei sfortunato e vieni rimpallato da un ufficio all'altro (succede), rischi l'infarto con quel "Pa, ppa, papparapà che riparte all'infinito.Chi in Comune ha avuto l'idea di utilizzare l'Inno di Mameli come jingle di riempimento dell'attesa telefonica deve essere certamente un sadico oltre che un soggetto da denunciare per vilipendio della Patria. Il sospetto è che si tratti di un vetero comunista pentito. Infatti l'Inno di Mameli è stato per decenni bandito da chi professava l'ideologia comunista. Erano i bei tempi in cui in ogni occasione all'Inno di Mameli troppo nazionalista si preferiva Bella Ciao o l'Internazionale. Poi - contrordine compagni - la Patria è stata riabilitata e con essa anche il suo inno. Da allora come spesso accade per la legge del contrappasso si è passati da un estremo all'altro e ogni occasione è buona per far risuonare le sacre note. Così si è iniziato a far precedere ogni consiglio comunale e ogni occasione pubblica dalle note di Mameli. Ma evidentemente non era sufficiente a scontare i lunghi anni di boicottaggio dell'inno di Mameli, così i redenti della patria collegnesi hanno avuto la brillante idea di inserirlo addirittura come motivetto di attesa al telefono, per far dimenticare il passato e esagerano, senza rendersi conto di produrre così facendo un effetto Crozza che senza Crozza diventa una cosa che non fa ridere e neppure sorridere.
Visto che si tratta di un'iniziativa molto pacchiana e discutibile, una banalizzazione dell'Inno d'Italia che rischia, invece, di offendere quel sentimento patriottico che probabilmente si vorrebbe coltivare, è ora che lo si tolga dal disco automatico del centralino del Comune e lo si restituisca alla solennità delle manifestazione pubbliche.
Giovanni Lava