Sulla delibera Mandelli tutti agli ordini dei capibranco.
L’esito della votazione del Consiglio comunale di Collegno
sull’area Mandelli, così ben raccontato da Giovanni Lava e condito da
un’amarezza che non mi è estranea (l’ho provata spesso e mi capiterà di
provarla ancora), merita alcune considerazioni, qualche ragionamento e qualche
utile indicazione per il futuro.
L’intervento in questione era atteso dalla Città da oltre
dieci anni, durante i quali hanno governato sempre gli stessi, sempre la solita
cricca e le medesime conventicole: che ci abbiano messo dieci anni la dice
lunga sull’affollarsi di comitati, pressioni, argomentazioni che debbono essersi
succeduti nel tempo. Hanno però avuto il respiro per cementare interessi e
verificare la robustezza delle lobbies in campo, soprattutto hanno avuto il
tempo di aspettare che la politica finisse del tutto, con la compravendita (a
volte gratis) dei disponibili sul mercato. E’ usanza collegnese - non posso
dimenticare l’oscenità della variante IKEA di qualche anno fa - non per la
scelta, ma per il modo e i suoi contenuti. Di questo però è meglio che ne
trattino i civici collegnesi, Giovanni in testa.
A me preme, invece, tornare sull’atteggiamento e sul
comportamento dei consiglieri (di maggioranza e di opposizione) che
sull’operazione Mandelli qualche cosa sembrava proprio che avessero da dirla:
avreste dovuto sentire i proclami di fuoco, le roboanti dichiarazioni di
dissociazione e di presa di distanza da questo modo di gestire l’urbanistica a
Collegno. Dovreste vederli all’opera in questi primi approcci alla campagna
elettorale per l’elezione del prossimo sindaco oramai alle porte. In Consiglio
comunale, tutti coperti e allineati, tutti mansueti ai piedi della padrona e
obbedienti agli ordini dei capibranco.
Si consolino Giovanni Lava e i civici collegnesi, è così
dappertutto, certamente è così anche da quest’altra parte del corso Francia:
parafrasando il detto “Fuori dal Consiglio leoni, in seduta…”. Il problema non
è che essi – i malpancisti – non abbiano sposato un punto di vista (quello di
Civica), scegliendone un altro. Ci mancherebbe! Il problema è che hanno
rivelato la loro consistenza e il coraggio con cui sono disponibili ad
affrontare i problemi della città. Se le modalità con cui l’amministrazione ha
proceduto e se i contenuti della delibera a loro sono andati bene, hanno fatto
il giusto comportandosi come hanno fatto. Se, come hanno sostenuto ovunque e in
ogni modo, non erano d’accordo ... qualcosa non va. Certamente sono inutili a
promuovere il cambiamento a cui noi aspiriamo, forse sono perfino una zavorra.
Se l’Italia è al punto di oggi, qualche ragionamento anche su queste banderuole
e sulla qualità del ceto politico locale bisognerà pur farselo…
Di gente come loro ne conosco a bizzeffe, erano così anche
le ottime persone che si sono votate qualunque delibera nella Grugliasco delle
Gru, salvo poi balbettare quando tirati in ballo: “Non mi ero accorto, non
sapevo, mi avevano detto che era tutto a posto”, davvero convinti al momento
del voto come al momento dell’abiura, capaci di giravolte in nome del Partito e
di un partito che non c’è più, nemmeno quando prova a ingannare un’altra volta
i suoi elettori con slogan che smentisce nel comportamento e nelle azioni
quotidiane.
Ecco perché la Collegno di domani bisogna costruirla senza
correre dietro a loro: si perde tempo e si rimediano cocenti delusioni come
quella che sembra trasparire dalle parole di Giovanni. Caro Giò e cari civici
collegnesi, non è una sconfitta vostra, ha perso Collegno, ma non mancheranno
le tappe successive in cui far valere nuovamente e più efficacemente le vostre
buone ragioni. Per quanto riguarda il domani mi piacerebbe essere con voi a
cercare di proporre per Collegno davvero qualcosa di nuovo, nel programma, nel
costumi, nei metodi e nelle soprattutto ... nelle facce.
Mariano
Turigliatto