martedì, gennaio 21, 2014

MANDELLI: RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO


La delibera Mandelli, un caso di scuola.
 La delibera sull’area ex-Mandelli di Collegno, come esempio di applicazione dell’ art. 14  del  DPR 380/2001 e L.106/2011 per la riqualificazione urbana in attuazione di uno  “Studio Unitario  di Coordinamento Progettuale“, sicuramente ha un aspetto positivo, quello di essere divenuto un caso di scuola e in quanto tale controverso fra gli addetti ai lavori del mondo professionale.
La legge 106/2011 è di recente approvazione, non è stata normata dalla Regione Piemonte, ma frutto di interpretazioni, da questa emessi, tramite circolari e pareri. I casi concreti di applicazione  sul territorio regionale sono ad oggi abbastanza limitati, come pochissime sono le sentenze del TAR Piemonte che possono fare giurisprudenza, pertanto i casi di applicazione sono molto attenzionati da chi fra Ingegneri e Architetti se ne occupa per ragioni di lavoro e dalle relative Commissioni Urbanistiche degli Ordini Professionali.
Il caso  specifico ha quindi suscitato discussioni e, a onor del vero, molte perplessità nel merito tecnico.
L’Assessorato Regionale alla Programmazione Strategica, Politiche Territoriali ed Edilizia, ha nei convegni, negli incontri avuti con gli Ordini Professionali, sostenuto che la Legge 106/2011  trovava applicazione nei casi in cui bisognava intervenire sul territorio per la riqualificazione e ristrutturazione di  edifici dismessi o in via di dismissione attraverso la presentazione di progetti architettonici  su cui richiedere il rilascio di permessi di costruire.
Per tutto quanto invece non si configura come una ristrutturazione/riqualificazione edilizia, ma come una operazione di trasformazione urbana si deve procedere attraverso altri strumenti normativi: la L. R. 20/2009 o attraverso una variante al PRGC ai sensi della L.R. 3/2013 .
La procedura indicata, sempre dalla Regione, è stata quella quindi che prevede:
1.      La presentazione di un progetto architettonico presso il Comune.
2.      L’ istruzione da parte degli uffici tecnici comunali della pratica, con richiesta di eventuali documenti integrativi e a complemento, e con individuazione delle deroghe al PRGC  che i singoli progetti abbisognano.
3.      L’approvazione da parte del Consiglio Comunale dei singoli progetti, con specifico riferimento alle deroghe al PRGC
4.      Il rilascio del Permesso di Costruire in deroga.

Non si sono mai date indicazione per Studi Propedeutici né di fattibilità , né di coordinamento progettuale al rilascio di Permessi di Costruire in deroga, a monte di tale ordine procedurale sopra riportato, con delega agli uffici per il rilascio di singoli permessi di costruire in deroga al PRGC, come il caso ex-Mandelli prospetta.
Trascurando gli aspetti di legittimità giuridica della procedura in esame, che non competono ad architetti e ingegneri, il procedimento adottato apre però molte questioni, sul piano tecnico:
1.      La presentazione di uno studio preliminare al rilascio di permessi di costruire ai sensi della L.106/2013, applicato su un area vasta entro la quale insiste un complesso di edifici produttivi per caratteristiche architettoniche plurime, e che prevede la realizzazione di altrettanti edifici residenziali da realizzarsi in un arco temporale di più anni, non costituisce di per sé stesso una Variante al PRGC di fatto e non una sua deroga ?
2.      Uno studio così configurato al cui interno sono ricomprese sia aree assoggettate al PRGC vigente (le aree di ricucitura), sia aree ai sensi della L. 106/2011 quale validità tecnico-giuridica ha? 
3.      Perché se questa rappresenta una applicazione coerente alla norma è evidente che in casi analoghi non verrà più istruita nessuna variante al PRGC, anche per aree vaste e complesse, e si procederà per applicazioni successive della L. 106/2011
4.      Ma non assoggettare questi tipi di aree a variante urbanistica vuol dire, sul piano tecnico, non presentare nessuna VAS ( ovvero Valutazione Ambientale Strategica ) ovvero un processo finalizzato ad integrare considerazioni di natura ambientale nei piani e nei programmi di sviluppo, per migliorare la qualità decisionale complessiva, prima della loro approvazione, durante ed al termine del loro periodo di validità. Documento che risulta importante quando si riqualificano aree ex-industriali.
5.      Non presentare  nessuna modifica al Piano di zonizzazione acustica,( come la mettiamo con i salti di classe acustica?)
6.      Non solo, ma si elude la verifica di merito di Regione e Provincia previste in caso di variante al PRGC, che consistono nella co-pianificazione, e rappresenta una garanzia sia per il Comune, soggetti attuatori, ma anche per i cittadini.
7.       Si elude la pubblicazione del progetto e la possibilità  di poter presentare da parte di cittadini e altri portatori di interessi  osservazioni al progetto stesso a tutela di interessi di terzi, rendendo obbligatoria l’ unica strada possibile per esprimere considerazioni di merito, cioè l’avvio di un procedimento legale presso il TAR. Non essendoci pubblicazione, ovviamente non è possibile nessun coinvolgimento partecipativo e di discussione dei cittadini (ad es. dei quartieri), se non qualora l’Amministrazione Comunale  non l’avvii,  motu proprio, prima di sottoporre la delibera al Consiglio Comunale.  
8.      Esistono inoltre, fatto non secondario, dei dubbi sulla procedura  seguita che ha come riferimento la SLP (ovvero la superficie esistente degli edifici in dismissione) e non le volumetrie esistenti a cui la  norma  richiamata fa riferimento. Caso unico, sino ad ora, quando ad es. nella vicina Torino si fa riferimento ai volumi.

Come si vede gli interrogativi  aperti da questa delibera  relativa all’area ex-Mandelli, fa sorgere molti quesiti , perplessità , dubbi anche di ordine tecnico
Si vedrà nei prossimi mesi come si evolverà questo caso di scuola, e se queste procedure liberiste  troveranno consensi presso gli organi preposti.
Il dibattito tecnico-professionale prosegue.
 Valter Ing. Morizio

membro della Commissione Urbanistica dell’ Ordine degli Ingegneri