La delibera Mandelli, un caso di scuola.
La legge 106/2011 è di recente approvazione, non è stata
normata dalla Regione Piemonte, ma frutto di interpretazioni, da questa emessi,
tramite circolari e pareri. I casi concreti di applicazione sul territorio regionale sono ad oggi
abbastanza limitati, come pochissime sono le sentenze del TAR Piemonte che possono
fare giurisprudenza, pertanto i casi di applicazione sono molto attenzionati da
chi fra Ingegneri e Architetti se ne occupa per ragioni di lavoro e dalle
relative Commissioni Urbanistiche degli Ordini Professionali.
Il caso specifico
ha quindi suscitato discussioni e, a onor del vero, molte perplessità nel
merito tecnico.
L’Assessorato Regionale alla Programmazione Strategica, Politiche
Territoriali ed Edilizia, ha nei convegni, negli incontri avuti con gli Ordini
Professionali, sostenuto che la Legge 106/2011
trovava applicazione nei casi in cui bisognava intervenire sul
territorio per la riqualificazione e ristrutturazione di edifici dismessi o in via di dismissione attraverso
la presentazione di progetti architettonici su cui richiedere il rilascio di permessi di
costruire.
Per tutto quanto invece non si configura come una
ristrutturazione/riqualificazione edilizia, ma come una operazione di trasformazione
urbana si deve procedere attraverso altri strumenti normativi: la L. R. 20/2009
o attraverso una variante al PRGC ai sensi della L.R. 3/2013 .
La procedura indicata, sempre dalla Regione, è stata
quella quindi che prevede:
1. La
presentazione di un progetto architettonico presso il Comune.
2. L’
istruzione da parte degli uffici tecnici comunali della pratica, con richiesta
di eventuali documenti integrativi e a complemento, e con individuazione delle
deroghe al PRGC che i singoli progetti
abbisognano.
3. L’approvazione
da parte del Consiglio Comunale dei singoli progetti, con specifico riferimento
alle deroghe al PRGC
4. Il
rilascio del Permesso di Costruire in deroga.
Non si sono mai date indicazione per Studi Propedeutici né
di fattibilità , né di coordinamento progettuale al rilascio di Permessi di
Costruire in deroga, a monte di tale ordine procedurale sopra riportato, con
delega agli uffici per il rilascio di singoli permessi di costruire in deroga
al PRGC, come il caso ex-Mandelli prospetta.
Trascurando gli aspetti di legittimità giuridica della
procedura in esame, che non competono ad architetti e ingegneri, il
procedimento adottato apre però molte questioni, sul piano tecnico:
1. La
presentazione di uno studio preliminare al rilascio di permessi di costruire ai
sensi della L.106/2013, applicato su un area vasta entro la quale insiste un complesso
di edifici produttivi per caratteristiche architettoniche plurime, e che
prevede la realizzazione di altrettanti edifici residenziali da realizzarsi in
un arco temporale di più anni, non costituisce di per sé stesso una Variante al
PRGC di fatto e non una sua deroga ?
2. Uno
studio così configurato al cui interno sono ricomprese sia aree assoggettate al
PRGC vigente (le aree di ricucitura), sia aree ai sensi della L. 106/2011 quale
validità tecnico-giuridica ha?
3. Perché
se questa rappresenta una applicazione coerente alla norma è evidente che in casi
analoghi non verrà più istruita nessuna variante al PRGC, anche per aree vaste
e complesse, e si procederà per applicazioni successive della L. 106/2011
4. Ma
non assoggettare questi tipi di aree a variante urbanistica vuol dire, sul
piano tecnico, non presentare nessuna VAS ( ovvero Valutazione Ambientale Strategica
) ovvero un processo finalizzato ad integrare considerazioni di natura
ambientale nei piani e nei programmi di sviluppo, per migliorare la qualità
decisionale complessiva, prima della loro approvazione, durante ed al termine
del loro periodo di validità. Documento che risulta importante quando si
riqualificano aree ex-industriali.
5. Non
presentare nessuna modifica al Piano di
zonizzazione acustica,( come la mettiamo con i salti di classe acustica?)
6. Non
solo, ma si elude la verifica di merito di Regione e Provincia previste in caso
di variante al PRGC, che consistono nella co-pianificazione, e rappresenta una
garanzia sia per il Comune, soggetti attuatori, ma anche per i cittadini.
7. Si elude la pubblicazione del progetto e la
possibilità di poter presentare da parte
di cittadini e altri portatori di interessi osservazioni al progetto stesso a tutela di
interessi di terzi, rendendo obbligatoria l’ unica strada possibile per
esprimere considerazioni di merito, cioè l’avvio di un procedimento legale
presso il TAR. Non essendoci pubblicazione, ovviamente non è possibile nessun
coinvolgimento partecipativo e di discussione dei cittadini (ad es. dei
quartieri), se non qualora l’Amministrazione Comunale non l’avvii,
motu proprio, prima di sottoporre la delibera al Consiglio Comunale.
8. Esistono
inoltre, fatto non secondario, dei dubbi sulla procedura seguita che ha come riferimento la SLP
(ovvero la superficie esistente degli edifici in dismissione) e non le volumetrie
esistenti a cui la norma richiamata fa riferimento. Caso unico, sino
ad ora, quando ad es. nella vicina Torino si fa riferimento ai volumi.
Come si vede gli interrogativi aperti da questa delibera relativa all’area ex-Mandelli, fa sorgere molti
quesiti , perplessità , dubbi anche di ordine tecnico
Si vedrà nei prossimi mesi come si evolverà questo caso di
scuola, e se queste procedure liberiste
troveranno consensi presso gli organi preposti.
Il dibattito tecnico-professionale prosegue.
membro della Commissione Urbanistica dell’ Ordine degli
Ingegneri