giovedì, settembre 15, 2011

Riceviamo e pubblichiamo

Campo Volo: l'arch. Castelnovi ci scrive
Gentile Lava,
ieri sera, su vostra indicazione, sono venuto a conoscenza del sito CivicaCollegno e ho letto i post degli ultimi mesi sul tema del CampoVolo e in generale del programma di interventi per il comparto di via De Amicis.
Sono molto impressionato dalla puntualità delle osservazioni e dall’attenzione rivolta all’attività dell’Amministrazione, che viene monitorata in ogni suo passaggio.
Tuttavia credo che le osservazioni e le critiche sarebbero molto più efficaci se partissero da una valutazione reale delle proposte che l’Amministrazione esamina, senza la supponenza aprioristica del malaffare, ma semmai confrontandole con le buone pratiche di qualificazione della città e del territorio che accadono nel resto del mondo.
E’ un po’ triste pensare che Collegno così come è va bene, che il comparto di via De Amicis, luogo di lavoro, di sfruttamento, di proprietari padroni e di utenti operai non debba essere trasformato in città. E’ contro ogni strategia di qualificazione ambientale che non si debba sfruttare l’occasione della metropolitana che forse continuerà, ma che per almeno 10 anni continuerà a terminare lì, e che potrebbe diminuire di alcune migliaia di auto il corridoio di corso Francia se intorno avesse un quartiere urbano con abitanti che possono fare a meno dell’auto e non solo fabbriche fatiscenti o brandelli di strade urbane con gruppi di residenze isolate e discontinue. E’ “egoismo territoriale” non rendere disponibile per tutta l’area metropolitana un grande polmone verde costituito dal Parco della Dora (che comunque rimarrà rurale e quindi relativamente poco fruibile) e dall’area del Campo volo, che da molti anni i collegnesi vogliono avere come area pubblica, fruibile e disponibile per gli usi del tempo libero.
Dico “i collegnesi” non perchè io li conosca (non sono collegnese e conosco poco le vicende di questo territorio) ma perchè le scelte urbanistiche delle Amministrazioni collegnesi sono state fatte entro grandi dibattiti, i temi urbanistici (e tra questi quelli del Campo volo) hanno fatto parte dei manifesti elettorali ormai da molti anni, e i risultati elettorali dicono dell’approvazione inoppugnabile di questi indirizzi.
Faccio questi ragionamenti da tecnico di parte pubblica, che da 40 anni lavora per la qualificazione territoriale e per il paesaggio in molte regioni italiane, per la qualificazione ambientale in molte aree protette, e ultimamente per Corona Verde, cercando di valorizzare le aree libere dell’area metropolitana, farle utilizzare dalle comunità locali, far vivere meglio chi abita in periferia a due passi da tesori ambientali che non conosce e non sa come utilizzare. Sul sito landscapefor.eu è possibile vedere una parte di questi lavori, le considerazioni teoriche e politiche che ne derivano, che offro alla vostra discussione senza alcun preconcetto.
Non ho mai fatto progetti per privati se non in 3 occasioni a distanza di 10 anni ciascuna: la prima, in Val d’Aosta, per recuperare un intero villaggio montano abbandonato (Venoz), restituendolo funzionante ai proprietari che lo utilizzano da venti anni per loro e per un turismo leggero e affezionato: operazione che l’ente pubblico aveva più volte cercato di favorire ma non aveva mai consumato 3 anni di incontri, progetti discussi riga per riga, litigi per le ripartizioni e le sistemazioni comuni. Il progetto e il cantiere comune sono una fatica improba, sono molto più umili ma anche più concreti della discussione generale e del pronunciamento ideologico.
La seconda occasione sono stati i cavatori. Razza maledetta da tutti gli ambientalisti, sfruttatori del territorio, ladri di terra. Nel Parco del Po ho favorito la stesura della convenzione-tipo per i recuperi e ho firmato i primi progetti di attività estrattiva convenzionata al recupero. Oggi, a quasi venti anni di distanza e una dozzina di progetti attivati da altri nel solco dei miei primi, il Parco dichiara che gli obiettivi di valorizzazione ambientale si sono attuati quasi completamente grazie all’azione dei cavatori, che ovviamente hanno avuto i loro guadagni, pubblicamente e trasparentemente, ma in assenza dei quali il Parco sarebbe fallito, e 700 ettari di aree naturalizzate non starebbero per diventare pubbliche. L’ente piubblico da solo non ce la fa a produrre beni per i cittadini, soprattuto in tempi di crisi come questi: è necessario un buon accordo sistematico con i privati.
La mia terza occasione di lavoro per privati è questa, del Campo Volo. E’ un incarico che non mi sono andato a cercare, che mi è stato proposto, forse proprio per la mia storia di progettista paesaggista.
L’ho accettato perchè mi è parsa un’occasione irripetibile di compiere un disegno pubblico, voluto dal Comune, perchè i committenti sono estranei a qualsiasi ipotesi di malaffare e mi hanno continuamente richiesto la massima trasparenza nei contatti, nelle proposte, nella definizione dei requisiti del progetto. Ho trovato una committenza esplicita, con idee chiare e del tutto condivisibili anche sul piano operativo, in una logica pubblica. Mi hanno detto: ci sono capitate tre o quattro grane a seguito della spartizione di Risanamento, dobbiamo recuperare quanto investito, se si può lo facciamo d’accordo con le Amministrazioni, se non troviamo spazio vedremo. Tutto è stato esplicito, chiaro, esposto nelle sedi dovute. Ovviamente i contatti sono stati con la Giunta, che ovviamente ne ha informato il Consiglio e i cittadini quando ha trovato un’ipotesi congruente con i propri indirizzi. Non avrebbe avuto senso una discussione su bozze e ragionamenti a metà su un tema complesso e pieno di requisiti reciproci.
Ogni supponenza di malaffare è quindi da evitare, perchè come sappiamo il fango sparato a vanvera inzacchera tutti, spesso soprattutto chi comincia, e non produce dibattito politico ma solo sospetti e idee sbagliate.
Come nel caso dei post appena pubblicati a proposito della manifestazione di interesse di SC8 a partecipare al Programma integrato.
Cito in tutta franchezza e spirito costruttivo i principali punti di disaccordo con i post che ho letto.
1. Non c’è stata una “resa” dell’Amministrazione agli interessi privati. La manifestazione di interesse è stata sollecitata dall’Amministrazione perchè correttamente vuole affrontare nell’insieme tutte le capacità operative emergenti dalla “chiamata a progetto” effettuata per il comparto di via De Amicis. E’ impensabile che con le leggi italiane un’area come quella di Via De Amicis sia riqualificata sulla base di un piano particolareggiato imperativo e a suon di prescrizioni pubbliche. Per la complessità delle situazioni, la numerosità dei proprietari e le diverse situazioni, il processo non può che durare molti lustri ed essere il frutto di molti compromessi tra le diverse parti che partecipano. E’ un gioco di contrattazione, che deve essere corretto, motivato, indirizzato a soluzioni equilibrate e sostenibili e soprattutto trasparente e dichiarato. E per forza deve cominciare non dal tutto ma dalla parte che è disponibile a cominciare: le altre verranno. D’altra parte è un importante pezzo di città che viene rivoltato come un calzino, e sarebbe addirittura preoccupante che l’Amministrazione avesse davanti un interlocutore unico, che potrebbe imporre regole completamente a suo favore (altre vicende Risanamento insegnano). Solo con una molteplicità di interlocutori e una disponibilità agli accordi il Comune può sperare di mantenere una regia pubblica, portare a casa le idee progettuali di interesse generale. Non conosco Comune italiano che negli ultimi 30 anni abbia ottenuto risultati diversamente.
In questa prima tornata di interventi è evidente che il Campo Volo costituisce un volano di prima grandezza, non solo perchè è grande e importante nella storia recente della città, ma perchè costituisce il fulcro qualitativo dell’intero quartiere, che non potrà certo vantarsi a livello metropolitano di una buona sistemazione di aree dismesse, a fatica rimesse in sesto con interventi più o meno ordinari. No, le risorse qualitative eccezionali dell’intero comparto sono ai suoi bordi: il Parco Dalla Chiesa, il Parco Campo Volo, la stazione della metropolitana.
E all’Amministrazione non è sfuggito che l’interlocutore Banco Popolare è ben diverso da quanti sino ad ora si erano presentati ponendo sul piatto il Campo volo con usi o ricatti più o meno inaccettabili: ora l’acquisizione è a portata di mano, con modalità molto vicine a quelle prefigurate dall’Amministrazione, e con essa uno sbocco qualitativo per tutti i comparti di ristrutturazione urbanistica delle aree “interne” del comparto.
2. La subalternità dell’Amministrazione ad operatori esterni “cattivi” non è politica ma semmai subisce pesanti imposizioni economiche: se il mercato è fermo non è perchè il Sindaco è maldestro, semmai è impotente come ogni amministratore oggi in Italia. Il tema è il mercato: non c’è domanda per brutte costruzioni, prive di servizi, di verde, di accessibilità, chi ha costruito ha pagato troppo i costi dei terreni e quindi non vuole (o non può) abbassare i prezzi di case che nessuno vuole più abitare.
La colata di cemento è stata fatta: è quella che va rimediata, riqualificata, e ciò non avverrà lasciando crescere la meliga (o le biomasse, o i capannoni rurali, o il fotovoltaico) nel Campo volo. Cioè: non riqualifichiamo la città brutta, che è stata fatta, separando ulteriormente la città dalla campagna. Anche perchè la campagna intorno a Torino è pessima ambientalmente, paesisticamente e funzionalmente come e più della città.
Se un’amministrazione, con il favore dei cittadini, decide di acquisire al proprio patrimonio un’area importante proprio perchè libera, io lo considero un atto strategico valido per ora e per il futuro, e non mi rimetto continuamente a ripensare come sarebbe bello se quell’area rimanesse come il Mulino bianco, in mano ad un contadino simpatico con i baffi, perchè quella figura, nell’area metropolitana di Torino, è quasi sparita ormai da anni e certamente non coltiva i terreni della Fiat, poi passati a Zunino e ora in mano alle banche che ne curano il fallimento.
Illudersi di poter ricostruire un mondo arcadico e sognato è una mozione sentimentale, apolitica, che prescinde dai criteri politici di ogni battaglia per il paesaggio e l’ambiente, che invece mirano al futuro, ad equilibri nuovi tra città e campagna, ad utenti che saranno cittadini metropolitani e non paesani di periferia, a gestori che non saranno i tradizionali contadini, ma operatori multifunzionali.
D’altra parte il tema a cui tutti teniamo è la qualità dell’abitare, quindi dello spazio pubblico, dell’accessibilità, dei servizi, del verde, ma anche delle case. Non si può bollare ogni nuova costruzione come colata di cemento: cerchiamo di fare quartieri di qualità, dove abitare sia piacevole, e vedrete che, come in ogni altro paese, si butteranno giù le case peggiori e si migliorerà progressivamente la città sbagliata che stiamo vivendo.
Sembrano belle parole che mirano soltanto a far passare l’idea di nuove case e colate di cemento, ma hanno un fondamento economico: la banca, che non ha esigenze ambientali o paesistiche, ha valutato che la domanda dei prossimi anni non è sicura se non per case di qualità, a densità medio-bassa, ed è a quelle che si vuole rivolgere. E’ non è un problema di prezzo: non sono case per ricchi, sono case adatte alle nuove esigenze, per le quali oggi c’è un mercato, anche a prezzi accessibili, mentre il mercato dei grandi condomini è fermo. E non è che dato che la Banca ricerca questa domanda essa è quindi il nostro nemico: è un momento in cui l’interesse della Banca (in questa specifica situazione) si può facilmente accompagnare all’interesse pubblico. Questa è l’occasione.
3. I dimensionamenti individuati nelle delibere di indirizzo non sono statuiti da una mente divina: derivano da considerazioni tecniche e dallo studio di esempi che parevano funzionare. L’urbanistica vera non è un’arte o un sapere scientifico: è un confronto tra buone pratiche, dove non si deve aver vergogna di copiare, ma si devono scegliere gli esempi adatti alle situazioni specifiche che si devono amministrare.
A Collegno si è deciso di asegnare un indice edificatorio di 0,4, che diventa 0,5 mq/mq se si attuano alcuni interventi incentivati. Oltre quell’indice sulle aree che ricevono le volumetrie prodotte dal Campo volo si assommano altre capacità edificatorie.
Questo la Delibera di indirizzi, cioè le regole che il Comune intende porre alla base della Variante che renderà possibile realizzare gli interventi nel comparto De Amicis. Quindi potrebbe capitare che sull’area Mandelli si ottenessero concentrazioni di edifici con indici ad esempio di 1 mq/mq (case di 7/10 piani), prodotte da 0,5 proprio dell’area e 0,5 derivante dall’”atterraggio” di altre cubature, ad esempio dal Campo Volo.
La nostra indagine, compiuta su una dozzina di buoni esempi di quartieri in città europee di dimensioni analoghe all’are metropolitana torinese, mostra che una buona qualità di ottiene tra 0,5 e 0,7 mq/mq di superficie territoriale.
Sopra è troppo denso (case alte, servizi risicati) sotto è troppo rado (non si riesce ad ottenere un effetto città (strade senza commercio, distanze troppo alte, uso obbligatorio dell’auto).
A questo si riferiscono le indicazioni derivanti dalle prove di utilizzo dei comparti individuati dal Comune e allegate alla manifestazione di interesse: sono approfondimenti per vedere se si può fare edilizia di qualità (non colate di cemento, che non ci interessano). Non c’è alcuna voglia di costruire di più di quanto necessario a fare ottimi luoghi da abitare, anzi il troppo viene rifiutato perchè non qualitativo e, se volete cinicamente, fuori mercato in una prospettiva di domanda esigente.
L’esigenza di costruire qualche migliaio di mq in più di quanto derivante dall’applicazione degli indici indicativi proposti dalla Delibera programmatica, non è quella di costruire più alto o occupando più spazio, ma di equilibrare i conti della Banca.
Su questo argomento va chiarito che evidentemente la mission della Banca non è il bene dei collegnesi, ma neppure la speculazione edilizia: è di ottenere un progetto vendibile ad operatori per un valore pari a circa il 60% del valore di esproprio, con una certa sicurezza del bene da immettere sul mercato e in tempi definiti. Proprio per questa chiarezza negli obiettivi ritengo che il Comune abbia di fronte un’occasione irripetibile: ottenere l’area del Campo volo ad un costo molto inferiore a quello di esproprio e pagando questo costo in termini edificatori per fare un pezzo di città di alta qualità, secondo un disegno complessivo orientato dalla mano pubblica, integrato con il programma di riqualificazione più ambizioso degli ultimi decenni.
4. Tutti sono d’accordo che se le cubature del Campo volo si appoggiano su un terreno privato dotato già della sua cubatura (cioè tutti i terreni privati del comparto) l’indice diventa molto alto ed è molto complesso realizzare un buon progetto e una residenza di qualità.
Se avessimo proposto quella soluzione (come da Delibera di indirizzo) sì che si sarebbe gridato alla colata di cemento (a proposito: bella la foto della terribile Spina che avete pubblicato). Quindi non ci sono vie di uscita: si deve costruire su aree prive di edificabilità.
Non si vuole utilizzare un pezzetto del Parco, perchè si tocca un tabù. E’ un tabù comprensibile per chi ha seguito tutta la storia, e quindi rispetto questa opzione, ma vi assicuro che ad occhi esterni appare evidente una carica ideologica irrazionale che in un buon dibattito politico si dovrebbe consentire di analizzare e che si dovrebbe poter criticare il concetto di integrità del suolo sacro del Parco. In ogni caso, se non nel parco allora non c’è altra soluzione che aree pubbliche, destinate a servizi, prive di cubatura.
D’altra parte il bilancio delle aree per servizi al temine dell’operazione è molto favorevole: non si conti solo il parco (comunque 72 contro 6,2: quasi 12 volte) ma anche tutte le ulteriori aree per servizi che risultano nei comparti (parcheggi, verde di vicinato, aree per attrezzature, come l’autolavaggio e l’ecocentro che saranno da rilocalizzare comunque nel 2022 o giù di lì, quando si stabilirà in convenzione di intervenire).
Che senso ha criticare uno scambio così favorevole al bene pubblico, quale utilità politica si ottiene se lo scambio va a monte e l’area del Parco viene recintata e messa a biomasse in attesa di tempi migliori e di un’interlocuzione più ragionevole, e nel frattempo si chiedono indennizzi per la decadenza dei vincoli?
Perchè tacere di questa situazione (la decadenza dei vincoli) che non è colpa di nessuno e a fronte della quale l’Amministrazione e la proprietà stanno cercando una soluzione ragionevole?
Sembra nelle vostre parole che tutta l’operazione sia mossa da un’incompetenza o peggio da un interesse inconfessabile dell’Amministrazione e da attese fameliche di costruttori che vogliono costruire colate di cemento invendibili. Sarebbero cattivi e stupidi.
Siete certi di portare un contributo politico di qualità alla vita dei collegnesi in questo modo?
Sono molto interessato alla vostra risposta.
Se ritenete di rispondermi privatamente bene, se no preferirei essere pubblicato sul blog e avere una risposta pubblica.
Se sono bene accetto partecipo volentieri alle riunioni del 20 e seguenti, per discutere di questo e d’altro.
Con interesse, come credo voi, alla costruzione di un dibattito pubblico serio e consapevole e con ammirazione per la vostra attenzione ai temi del paesaggio e della città.

Paolo Castelnovi