giovedì, dicembre 27, 2012

Dibattito sulle alberate collegnesi: riceviamo e pubblichiamo

Viale Martiri XXX Aprile a Collegno
Le alberate non sono solo ambiente e paesaggio
Ho seguito con interesse, nei giorni scorsi, sia la riunione della Commissione Ambiente del Comune, dove è stato presentato il progetto dell’Amministrazione sul censimento del Verde Pubblico-Catasto delle Alberate, sia il progetto Floragrafe elaborato nell’ambito della Consulta Ambiente. Entrambi i progetti non mettono in evidenza un aspetto delle patrimonio delle alberate, quello culturale ed urbanistico, che intendo porre qui all’attenzione.
Le alberate non sono solo un patrimonio ambientale e paesaggistico, rappresentano in diversi casi un patrimonio culturale ed urbanistico, inteso come storia della urbanistica della nostra città.
Patrimonio che non deve essere trascurato, né può essere sottovalutato.
In particolare mi riferisco ad es. ai nostri viali, le “lèjè” in piemontese, (XXIV Maggio, XXX Aprile, Gramsci e XX Settembre). Essi sono nati con la costruzione della linea ferroviaria Torino-Modane, nell’ Ottocento. Avevano, e in parte ancora hanno, lo scopo di collegare la stazione ferroviaria con gli abitati, il Centro Storico di Collegno, Corso Francia-Santa Maria-Leumann (anche il Corso Francia era in parte un’alberata, sul modello torinese, il Centro Storico di Grugliasco attraversando Regina Margherita) Prevedevano (prevedono) il transito a piedi e in bicicletta sotto gli alberi al riparo dal sole estivo e il transito dei carri e delle carrozze (ora le auto) a lato. Essi rappresentano quindi una memoria storica della nostra città e del suo sviluppo urbano ed industriale, oltre che una funzione urbanistica.
I viali sono nati, quindi, come assi di collegamento infrastrutturali, attorno a cui poi è cresciuta la città e le sue fabbriche (ad es. il Cotonificio Valsusa, le bellissime alberate all’interno dello stabilimento non potevano, in parte , essere salvate ?), forse con non altrettanta visione nel futuro (Si pensi solo al disordine edilizio di Piazza della Repubblica ed il progetto non proprio entusiasmante intorno alla nuova caserma dei carabinieri)
Memoria storica che ha il parco della Rimembranza davanti alle Scuole Boselli, nato dopo la Grande Guerra, dove ogni albero ricordava un caduto collegnese; così come lo è il Parco ex-OP ora Dalla Chiesa, per citare quelli che conosco e che mi vengono in mente.
Una città e una comunità vivono e crescono socialmente e culturalmente se vi sono dei segni riconosciuti di memoria condivisa.
Purtroppo le dinamiche socio-economiche e quelle demografiche hanno fatto sì che, anche nella nostra realtà, questo patrimonio culturale rappresentato dai segni dello sviluppo urbano, si siano persi o si stanno perdendo. E’ un patrimonio che invece non solo va riscoperto e rivalutato, ma va esteso a quelle parti della città che uno sviluppo troppo caotico e disarmonico ha determinato in particolar modo negli ultimi trent’anni ponendone in forse la sua stessa sopravvivenza.
Il mantenimento e il recupero di una alberata quindi non è solo una questione ambientale-paesaggistica, ma culturale, la cultura del luogo.
E’ una sensibilità che occorre coltivare specie nelle nuove generazioni.
Costruire, anche attraverso i segnali del paesaggio, dell’urbanistica e della storia della comunità, il senso di appartenenza. Le alberate rappresentano e possono rappresentare un percorso ed un messaggio in tal senso.
Una comunità che non si riconosce attraverso il senso di appartenenza, non è una comunità e i luoghi sono dei non-luoghi, (pensate ad es. al primo bacio dato ad una morosa sotto ad un albero, trasformerà per quelle due persone un non luogo, in un luogo, il loro luogo degli affetti. Vale per questo ma per tanti altri eventi della vita).
E’ anche il senso di appartenenza che rafforza una comunità e ne migliora i valori sociali e civici (non a caso gli indici di qualità della vita, sono migliori nelle piccole realtà urbane che nelle grandi aree metropolitane).
Quindi attraverso le alberate occorre ridare un senso di appartenenza ai nostri cittadini, ma non solo mantenendo e valorizzando il patrimonio storico-ambientale esistente, ma ricostruendolo là dove i segni della memoria si sono persi o si stanno perdendo (ad es. lungo la rete delle bealere e dei canali irrigui, con le loro alberate ) e ponendolo come uno degli obiettivi principali sia della riqualificazione urbana delle aree degradate e dismesse, sia di eventuali futuri sviluppi, non tanto edilizi, quanto quelli della rete di infrastrutture (ad es. la metro e i collegamenti con le sue stazioni e con le aree urbane circostanti, attraverso dei percorsi qualificati e qualificanti, con una vera e propria rete integrata di trasporto sia veicolare, che pedonale.
Purtroppo l’urbanistica moderna ha perso il valore dei segni, o non li valorizza a sufficienza, e spesso il tutto si riduce al rispetto burocratico degli standard senza una progettualità che faccia del verde e delle alberate un valore non solo ambientale, ma anche una espressione culturale attraverso cui ricostruire un senso di appartenenza dei cittadini ai luoghi.
Forse è giunto il momento di cambiare.
Valter Morizio
Collegno 27 dicembre 2012