mercoledì, dicembre 07, 2011

Rifiuti: tariffe più care e posti di lavoro a rischio

La sede del Cidiu
L'incerto futuro del Cidiu
Grazie all'iniziativa di CIVICA e delle altre opposizioni in Consiglio comunale, che hanno chiesto la convocazione di un'apposita commissione, lunedì scorso un po' di luce è stata gettata sull'incerto futuro dell'azienda Cidiu e sulla futura gestione dei rifiuti a Collegno.
Entro il 31 marzo prossimo, in base alla norme contenute nella manovra Tremonti-Berlusconi del luglio-agosto scorso, servizi e società devono andare a gara, quindi finisce l'esperienza pluridecennale del servizio raccolta rifiuti affidato in house, cioè in casa. Tutto nasce da una delle tante direttive europee sulle liberalizzazione dei servizi ignorata per anni e poi in base al decreto Ronchi da attuare velocemente entro il 31 dicembre 2011. Questo prima dei referendum del giugno scorso. Fregandosene altamente del responso referendario, che diceva no alla privatizzazione dei servizi pubblici (acqua, rifiuti, trasporti, ecc) il governo Berlusconi ha riproposto la legge peggiorandone le condizioni di attuazione. Infatti se in base al decreto Ronchi l'alternativa era di mettere i servizi a gara e il Cidiu poteva concorrere alla pari di altri soggetti oppure il Cidiu poteva vendere il 40% delle sue azioni ad un privato che però acquisiva il potere di gestire il servizio insieme ai contratti in essere fino alla loro scadenza, con la norma attuale entro il 31 marzo 2012 tutti i contratti in essere decadono (con una conseguente perdita secca del valore del Cidiu) e l'alternativa è tra metterli a gara e partecipare come azienda pubblica oppure mettere a gara sia i contratti sia un minimo del 40% delle sue azioni. Visti i tempi stretti e visto anche l'acceso dibattito che c'è stato a Torino che ha portato quel consiglio comunale a decidere per esempio di accorpare tutte le aziende pubbliche municipali, fatta eccezione per la Smat, per poi metterne a gara il 40% per cento per l'ingresso dei privati, quello che ci aveva stupito era l'assoluto silenzio che c'era nell'ambito dei comuni consorziati nel Cidiu, a partire dal nostro. Di qui la richiesta di una commissione. Non molto, ma qualcosina in più è venuto fuori. Intanto l'assessore provinciale Ronco ha fatto una disamina impietosa della situazione, mettendo in fila almeno tre elementi che rendono la partita incerta e dal risultato fortemente compromesso. Innanzitutto la miopia dei soci delle aziende come il Cidiu della provincia di Torino. Negli anni ognuno è andato avanti per i fatti suoi senza nemmeno tentare una politica di fusione che se fatta oggi metterebbe sul mercato un'azienda più forte e più capace di salvaguardare capitale, lavoro e servizi. Il secondo elemento storico è da una parte la supponenza e l'autosufficienza del Comune di Torino che sono andate di pari passo con la subalternità politica e amministrativa dei comuni della provincia, in particolare quelli della Cintura metropolitana (il giudizio sulla subalternità non è dell'assessore, che se lo pensa se ne guarda bene dal dirlo, ma lo sostiene chi scrive). Il terzo elemento, figlio dei primi due, è che di fronte al precipitare della situazione, Torino è andato per i fatti suoi, precedendo tutti nella decisione, e gli altri comuni della provincia sono stati a guardare senza darsi un coordinamento e senza cercare di  individuare un percorso comune, per cui sono andati ognuno in ordine sparso, rendendo ancora più improbabile una soluzione che possa per il futuro prossimo da una parte garantire servizi efficienti e tariffe eque e dall'altro l'occupazione dei lavoratori attualmente impiegati dal Cidiu e dalle altre società della provincia.
A questo quadro piuttosto fosco tracciato dall'assessore provinciale ha fatto da contraltare la solita prosopopea degli amministratori del Cidiu che chiacchierano tanto, dandosi le arie da grandi manager, quando ognuno di loro è seduto lì non per meriti professionali ma grazie alle spartizioni politiche di sottogoverno, dicevamo chiacchierano tanto per risolvere davvero niente come si è visto con la vicenda di Punto Ambiente e degli odori maleodoranti che da due anni appestano i nostri comuni. Ogni volta si beano di due dati a loro dire di grande successo: le tariffe rifiuti più basse dell'universo mondo e un bilancio in pareggio. Sulla prima questione sono loro stessi a sostenere che nelle tariffe c'è un po' di tutto, quindi mettono a confronto le pere con le mele e ne traggono conclusioni e verità attestate solo da loro. Per il bilancio non si capisce che merito ci possa essere ad avere un bilancio in pareggio in una situazione  non concorrenziale e dove per far tornare i conti basta alzare le tariffe. Quello che l'altra sera spiccava al tavolo dei relatori era la faccia di un sempre più rubicondo e pasciuto Francesco Casciano, amministratore Cidiu e presidente e amministratore delegato di Cidiu Servizi, che dovrebbe essere una garanzia di successo assicurato per l'azienda del Cidiu, se è vero che ha lasciato un buco di centinaia di migliaia di euro nella sua precedente gestione della Top, una voragine tale che pare debba portare al fallimento della società entro la fine dell'anno (un'altra questione su cui non si dà conto nè al consiglio comunale nè all'opinione pubblica).
In ogni caso i nostri eroi ci hanno raccontato che stanno preparando una sorta d'istruttoria per andare a gara. La decisione, non si sa presa da chi e a che livello, è quella che essi chiamano gara a "doppio getto", cioè hanno già deciso di non confrontarsi con una gara "secca", cioè concorrere ad aggiudicarsi i servizi che già gestiscono (ma se sono così bravi ed efficienti che rischio ci sarebbe ...),  ma per una gara che metta in palio sia l'azienda che i servizi, affidandosi quindi alle mani salvifiche di qualche privato (ma non erano contro i gli sfruttatori capitalisti?). Su quali potrebbero essere i partner privati interessati alla cosa e quali potrebbero essere le conseguenze sulla qualità del servizio e sulle tariffe e sui lavoratori buio assoluto. Alla richiesta di chi scrive di fornire delle garanzie per i lavoratori, compresi quelli che attualmente sono impiegati nella gestione della discarica Cassagna, non ci sono state risposte, nè potevano esserci da parte di amministratori che in questi anni hanno continuato a sostenere l'esistenza di molti esuberi, ma che non hanno mosso un dito nè licenziando, cosa non auspicabile, ma neppure a creando nuovi servizi dove poterli utilizzarli meglio, anzi sono stati capaci di farsene sottrarre di servizi, dalla potatura degli alberi, allo sfalcio dell'erba e pure la gestione dell'ecocentro collegnese.
E la politica? Silenzio, nessuno, nè il sindaco nè il capogruppo del partito democratico, ha risposto alla richiesta del sottoscritto di non prendere decisioni senza coinvolgere il consiglio comunale. Allora, in conclusione, il sipario che si è aperto lunedì su questa vicenda si è tornato a chiudere, in modo che i nostri campioni della politica e gli amministratori possano continuare indisturbati ad annaspare dietro le quinte e cucinare una qualche soluzione che garantisca soprattutto i loro interessi di bottega. Domani sarà un altro giorno e tira a campare.
Giovanni Lava